Andropoiesi e femminismo

Prima di parlare dell'argomento di questo lunedì, credo sia meglio introdurre brevemente, per chi non lo conoscesse, il concetto-cardine di antropopoiesi in antropologia e psicologia. Faccio quindi una cosa che non ho mai fatto: cito Wikipedia, che in questo caso è singolarmente puntuale:
Il termine antropopoiesi è un concetto [...] che indica i vari processi di auto-costruzione dell'individuo sociale, in particolare dal punto di vista della modificazione del corpo socializzato, nonché i vari processi di costruzione del patrimonio culturale di ogni gruppo umano.
L'antropopoiesi ha trovato applicazioni nell'antropologia contemporanea di matrice francese e italiana. Il quadro teorico che fa da sfondo a tale concetto è l'idea antica dell'uomo come essere incompleto, ovvero dal comportamento non largamente predeterminato dal patrimonio genetico. L'essere umano si completa quindi solo con l'acquisizione della cultura.
Esistono delle popolazioni, ad esempio, che usano applicare colori sul proprio corpo, o incidervi tatuaggi o scarificazioni, e che non considerano umane o completamente umane (anche a causa, mettiamo, della giovane età) le persone che non abbiano di queste pitture, di questi tatuaggi o di queste scarificazioni. Questo è un modo di "fare" l'uomo. L'uomo è uomo solo attraverso la cultura umana; altrimenti è qualcosa di incompleto. Il meccanismo dietro questa convinzione, antropologico e psicologico*, è tra i più interessanti in cui mi sia imbattuto. Presso di noi, dati certi distinguo, la moda o il tatuaggio possono essere considerati processi di antropopoiesi.

Fonte foto: Sancara - Blog sull'Africa

Entriamo nel dettaglio. Che la cultura moderna sia una cultura misogina è certo, anzi certissimo. Su Psicologia e Scrittura si è già parlato di femminismo; torniamo adesso a discuterne. Cercheremo di rispondere alla domanda su come mai la cultura sia soprattutto cultura maschile, e la donna sia spesso vista (ad esempio, dalla psicanalisi freudiana) come una variazione sul tema dell'uomo, se vogliamo un uomo mancato, come se non fosse di per sé il 50% e forse più della popolazione umana.
Ecco a questo proposito Francesco Remotti, uno dei più importanti antropologi italiani. Tutte le citazioni sono tratte dalla sua Prima lezione di antropologia:
Hanno ragione Gilmore**, i Tewa, gli Awa, i Sambia*** nel ritenere che gli uomini vanno costruiti culturalmente (e ritualmente), mentre le donne raggiungono la loro condizione di femminilità (la loro forma di umanità) seguendo uno sviluppo naturale? È senz'altro vero che il processo femminile (il diventare donna) è segnato da fenomeni di ordine naturale, i quali lo incanalano e lo ritmano: il menarca, la gravidanza, il parto, l'allattamento rappresentano tappe, di cui sarebbe ben difficile non tenere conto. I momenti fisiologici della capacità riproduttiva femminile costituiscono paletti o segnavia, che invece mancano nella condizione maschile. In un certo senso, è più facile capire come si possa diventare donna, che non come si possa diventare uomini. Sul piano naturale (fisiologico o biologico), c'è una indeterminatezza maggiore nella condizione maschile, che non in quella femminile: e le società sono perciò maggiormente impegnate nel delineare, nel progettare e nel costruire la mascolinità, che non la femminilità.
Quello che intende Remotti è che, a un'analisi forse superficiale, a "fare" una donna ci pensa la biologia, ma a "fare" un uomo ci deve pensare l'umanità. L'uomo ha sviluppato un monopolio della cultura, quindi, non perché sia più forte della donna, ma perché è biologicamente più incompleto. L'antropopoiesi, tanto necessaria all'umanità per sentirsi umana, sarebbe da questo punto di vista un problema prima di tutto maschile. Continua Remotti:
E se la cultura è soprattutto orientata verso l'ideazione e la costruzione dell'essere maschile, si capisce anche assai bene come in molte società siano i maschi a rivendicare il possesso del mondo culturale: la cultura [...] è soprattutto fatta da loro e per loro. 
 

Un caveat: che quella appena esposta sia l'origine o una delle origini del predominio culturale maschile è naturalmente una cosa, un fatto storico che può essere appreso a livello nozionistico; ma che sia giusto che sia così, è un'altra. Lo sa Remotti, sicuramente, e speriamo che lo capisca anche il resto del mondo. Proprio di ieri è la notizia che il Tredicesimo Dottore, nel telefilm inglese Doctor Who, sarà interpretato da una donna; e già l'internet sta venendo giù per l'oltraggio. Credo che ne riparleremo.


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* Se dovessi distinguere il campo d'indagine di queste due discipline, che purtroppo sono studiate indipendentemente, direi che se l'antropologia studia cosa sia l'umanità, la psicologia studia cosa sia l'uomo.
** David Gilmore, antropologo. Per approfondire il suo contributo sul tema del maschilismo, vi rimando a questo articolo.
*** I primi, una popolazione del Nuovo Messico; i secondi e i terzi, della Nuova Guinea.

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