Quei fenomeni che arti non sono
Un autore di cui, per correttezza, non voglio trascrivere il nome (questo sarà un post polemico, per quanto breve, ma la polemica non è contro di lui, e vorrei tenerlo fuori), ha pubblicato un articolo su Tuttolibri riguardante l' Estetica senza dialettica di Gillo Dorfles , Edizioni Bompiani. Tra le riflessioni che l'articolo propone, possiamo apprezzarne in particolare una, che riporto per intero: [Nella pars costruens del pensiero di Dorfles] Interpretazioni e valutazioni saranno così prive di paraocchi ideologici, modelli a priori, aspettative pregresse. E pronte perciò a includere non solo la molteplicità inesauribile delle arti ma anche quei fenomeni espressivi che arti, a prima vista, sembrerebbero non essere affatto. La pubblicità, la televisione, la fantascienza, la moda, la musica di cassetta, i rituali del consumo di massa, le mitologie contemporanee: bastava saperle accostare a Schelling e Vico, Arnheim e Valéry. Rudolf Arnheim Avrete già indovinato il