Teresa Hagendorfer

Torna una rubrica storica di questo blog, le Interviste Psicologiche. Per chi non lo sapesse, sono dialoghi che instauriamo con artisti e in cui cerchiamo di indagare i punti d'incontro tra arte (Arte) e psicologia (Psicologia con la maiuscola la posso mettere? Be', in fondo il mio corso di laurea ce l'aveva maiuscola. Non vedo perché non dovrei metterla anche io).
Oggi intervisteremo la scrittrice Teresa Hagendorfer. Analizzeremo con attenzione particolare un suo racconto, Irish, nato durante un percorso psicoterapeutico. Vamos a cominciar!

La scrittrice Teresa Hagendorfer

Questa è la prima volta che, nelle nostre interviste, ci rivolgiamo a un artista che non sia anche psicologo (o che non abbia fatto studi specialistici di psicologia). Quindi ti chiedo una breve presentazione: il tuo nome - proprio come se non fosse il titolo di questa intervista -, i tuoi studi, cosa fai nella vita e come sei arrivata alla scrittura. Nell'ordine che preferisci!
Mi chiamo Teresa Hagendorfer e sono nata il 3 ottobre 1969. Fotografa, formatrice, mi occupo anche di comunicazione e social media… e altro. Scrittrice da sempre.
“Ma io ti scrivo” . Così ho rassicurato mia mamma, a due anni, quando volevo andare a casa di un'amica di famiglia, e lei invece, dolcemente, voleva tenermi con sé.
Ma io scrivo. Ho iniziato con gli articoli che davo alla mia maestra al posto dei temi, ho proseguito con accenni di poesia che man mano si sono limati fino a diventare il mio primo libro Dialoghi Scarabocchiati, edito da 011. Bisognosa di compensare la vanità con il riconoscimento, ho partecipato a diversi concorsi letterari. Sono stata inserita in undici antologie e ho vinto diversi premi letterari locali e internazionali, sempre partecipando con scritti poetici. Avventurata da un paio d’anni nella prosa, micro prosa come dico io, mi sono tuffata nelle parole scritte, nei dialoghi e nei personaggi che via via aumentano di numero nei miei racconti. Aiutata da chi con sapienza e severità mi aiuta con la correzione dei miei testi, ho dato forma migliore ai miei pensieri scritti.
“La tua è una scrittura sensoriale, si è nei luoghi che racconti, si respirano aria e profumi” è la critica che più gelosamente tengo nel mio cuore.
I sensi sono la chiave del mio lavoro. Prima del dialogo vengono il dove e il come del racconto. Abituata spesso al linguaggio fotografico, dipingo immagini con le parole e accenno la voce degli attori.

Uno dei tuoi racconti più apprezzati è Irish. Prima si diceva come è nato. Ti va di parlarcene un po' tu? Della genesi e della trama? E dei riconoscimenti che ha ottenuto?
Irish è un miniracconto a cui sono particolarmente legata. È stata la prima volta che mi sono spinta così in là con il numero di pagine. La mia microprosa era sempre contenuta in una cartella, in un flash narrativo. Irish è una storia. La genesi è particolare perché sorge da una serie di sedute psicologiche (EMDR) in cui ho dovuto trovare il mio “posto sicuro”. In seguito a un forte trauma, la morte di mio marito, mi sono rivolta a una psicoterapeuta per essere sicura di affrontare nel modo migliore la situazione, vista anche la responsabilità che sentivo nei confronti dei miei due figli piccoli. Dopo la seconda seduta, tornata a casa, mi sono trovata a scrivere. Al termine degli incontri ho consegnato alla terapeuta il racconto.
Irish non è un racconto autobiografico, è ambientato un posto dove non sono mai stata (ma che esiste). I personaggi sono densi di me, ovviamente, ma non è la mia storia. Molti dettagli mi appartengono, e alcuni di essi li ho “incontrati” nel racconto senza rendermene conto.  Irish è la storia di un nuovo inizio. Esorcizza una delle mie più grandi paure: quella di perdere ciò che ho.
È un racconto crudo, come crudi sono i colori di quell’angolo di terra.
Nel settembre scorso, Irish è stato premiato al Premio Letterario Il viandante. Nelle motivazioni, la giuria ha parlato di viaggio interiore ed esteriore, di un racconto intimo e non definito. La storia non è chiusa e questo è piaciuto molto. Io sono stata molto onorata, oltre che del riconoscimento, della motivazione che mi è parso cogliesse bene il senso di Irish.

Sotto le istruzioni per ricevere una copia gratuita di Irish

Adesso parliamo un po' di letteratura e psicologia. Cos'hanno in comune, secondo te? E come si influenzano a vicenda - se si influenzano? Mi raccomando, rispondi senza sbirciare le interviste precedenti!
Non sbircio, prometto! Parto da ciò che per me è scrivere. Per me è riordinare i pensieri, scoprirli a volte, dare loro un senso. La scrittura autobiografica ha sicuramente una valenza più pregnante. Le mie pagine non sono autobiografiche, alcuni tratti sì, ma sono i personaggi a compiere le azioni, non io.
Ecco: la scrittura, per me, è depositare in un racconto un vissuto o meglio frammenti di vissuto. È talmente coinvolgente la scrittura che al termine di una pagina o di un brano mi trovo spossata fisicamente. Arrivo addirittura a non ricordare le storie che scrivo, perché una volta buttati lì i pensieri non sono più miei. È una sorta di “liberazione”. Nel mio ebook, Il Cugino dello Zingaro e suo Cugino, ho messo a fuoco qualcosa che forse è (era) il mio tallone d'Achille: la sindrome di abbandono. Mi sono “trovata lì” una frase che spiegava il perché (secondo il personaggio) si abbandoni. Un bel frutto di un lungo cammino.
Ogni scrittore mette qualcosa di sé nelle proprie pagine, anche quando scrive il contrario di come è. Spesso non sono solo le storie a toccare le corde, ma soprattutto i modi in cui vengono narrate. Un legame forte dunque che parte forse dal perché si scrive, fino alla scelta dell’ultima virgola.

Una domanda personale: stai lavorando a qualche progetto, attualmente?
Come dicevo, è appena uscito Il Cugino dello Zingaro e suo Cugino, un ebook edito da Astragalo. È un libro nato a Olera,  in una valle bergamasca sopra ad Alzano Lombardo, nel settembre del 2015, e che ha viaggiato fino a Novara e Piacenza. È il mio primo libro di narrativa e ne sono molto innamorata. I personaggi sono reali, esistenti, vivi, la storia è un intreccio di sentimenti e percorsi che ho creato io. Come mi ha detto chi ha avuto la bontà di leggerlo, io sono in tutti i personaggi.

Sto lavorando ad altri due progetti. Uno è un libro sull’uso dei social media nel lavoro. Un progetto ambizioso, richiestomi dall’editore, che sta volgendo al termine. Un vero e proprio passo passo sulla scelta e l’uso dei social media, con strategie ed esempi pratici. Linguaggio efficace e ricerca continua sono la caratteristica del libro che uscirà a breve.
L’altro è un libro di narrativa, La Barbiera, a cui lavoro da un paio di anni e che sta finalmente prendendo forma in modo chiaro, ma che è ancora lontano dall’essere completo, anche se l’ultima pagina è già stata scritta.

Ultima cosa e ti lascio andare. Hai qualche consiglio da dare ai giovani scrittori che ci stanno leggendo?
È difficile dare consigli. Io so che la mia scrittura continua a evolversi. Ricerco, studio, curo con più attenzione. La scrittura di getto, sebbene sia assolutamente nella mia indole, non mi basta più. Ora prendo carta e penna (a mano) quando ho “l’estro”, ma poi rileggo, correggo, scelgo il termine giusto e sfoltisco. Bisogna avere il coraggio di scrivere un progetto, e seguire un metodo per raggiungerlo. Il metodo Writing Way di Alessandra Perotti, che io seguo, è un valido supporto per imparare e allenarsi a scrivere bene. Questo è il consiglio che mi sento di dare.

...

Teresa invierà Irish in omaggio a chiunque abbia acquistato (o acquisti in futuro) una copia de Il cugino dello zingaro e suo cugino (qui e qui i link all'acquisto). Basterà scriverle due parole all'indirizzo hagendorfer_tere@hotmail.com per riceverlo.
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Commenti

  1. E' stato un vero piacere potermi "confidare" con voi. Grazie e sono a disposizione per ogni ulteriore domanda. tere

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