Eco, Pitigrilli e il linguaggio canchero
Parliamo di un
saggio di Eco, anzi di una relazione di un convegno tenutosi a Bologna. Il titolo è Wilde: Paradosso e aforisma.
La potete trovare nel volume Sulla Letteratura dei saggi Bompiani. Tra le personae di cui Eco
parla c'è Pitigrilli, scrittore e creatore di
epigrammi, massime e aforismi che ebbe un certo successo in Italia a cavallo delle due Guerre. In un suo libro, il Dizionario antiballistico, Pitigrilli osserva come certi aforismi
possano essere rovesciati senza perdere di forza. Eco definisce questo
procedimento cancrizzazione dell’aforisma e l’aforisma rovesciabile (cioè il
cui opposto sia vero), “cancrizzabile”. Ci dice che
L’aforisma cancrizzabile è portatore
di una verità molto parziale e, sovente, dopo che lo si è cancrizzato, ci
rivela che nessuna delle due prospettive che apre è vera: sembrava vero solo
perché era spiritoso.
Umberto Eco |
Eco sfrutta cioè il
procedimento della cancrizzazione (sono abbastanza certo che l'etimo non riguardi il tumore ma il granchio, che cammina all'indietro) come test per distinguere un aforisma
portatore di verità da un aforisma falso o parzialmente falso. Cosa che mi ha
stupito - anche considerando “vero” non con valore assoluto ma col significato
di coerente, come in un sillogismo.
Facciamo un
esempio. Sempre da Pitigrilli:
Ecco, ci
dice: due aforismi opposti sembrano veri, quindi sono o entrambi falsi o
parzialmente veri. Ma noi quando li leggiamo ci troviamo d’accordo con
entrambi, e non soltanto perché sono spiritosi. Qui Eco (non posso dire Pitigrilli)
ha torto e l’intuito popolare ragione.
Nella proposizione (A) filosofi indica l’insieme delle persone istruite, intelligenti e in generale interessate al bene comune e in grado, in virtù delle proprie capacità e della propria tenacia morale, di perseguirlo. Nella proposizione (B) per filosofo si intende al contrario una persona troppo centrata sui problemi della morale e della metafisica per avere effettive capacità pratiche, per ricevere un ruolo da protagonista in quella che si chiama realpolitik. Gli aforismi sono entrambi veri e non si contraddicono perché si riferiscono a tipi umani diversi e che quindi vanno intesi diversamente. Il problema è aver dato valore di entità a un semplice quid pro quo linguistico. In particolare il primo aforisma non si dimostra parziale perché la definizione di filosofo del secondo è tendenziosa.
Nella proposizione (A) filosofi indica l’insieme delle persone istruite, intelligenti e in generale interessate al bene comune e in grado, in virtù delle proprie capacità e della propria tenacia morale, di perseguirlo. Nella proposizione (B) per filosofo si intende al contrario una persona troppo centrata sui problemi della morale e della metafisica per avere effettive capacità pratiche, per ricevere un ruolo da protagonista in quella che si chiama realpolitik. Gli aforismi sono entrambi veri e non si contraddicono perché si riferiscono a tipi umani diversi e che quindi vanno intesi diversamente. Il problema è aver dato valore di entità a un semplice quid pro quo linguistico. In particolare il primo aforisma non si dimostra parziale perché la definizione di filosofo del secondo è tendenziosa.
Non sto
dicendo nulla di nuovo, ovviamente. Leggete un saggio di Quine o di Russell
sulla natura della logica e dei paradossi e trovate queste intuizioni; oppure, da un punto di vista linguistico, leggetevi Pierce o lo stesso Eco.
Pitigrilli |
Ancora, Eco
cancrizza un aforisma, sperando di confutarlo, creandone un altro ugualmente
valido:
(D) Ci
sono donne che sono belle ma non hanno l’aria di esserlo (Umberto Eco).
Dimostrarlo è facile. Nella proposizione (C) prendiamo in esame due
insiemi: l’insieme (a) delle donne non belle e l’insieme (b) delle donne che
hanno l’aria di essere belle. Nella proposizione (D) prendiamo in
considerazione l’insieme (c) delle donne belle e l’insieme (d) delle donne che
non hanno l’aria di essere belle. Le due proposizioni non sono in
contraddizione, perché riguardano insiemi non completamente coincidenti: l’una è l’opposto dell’altra solo da un
punto di vista sintattico, ma la seconda può benissimo contenere il prosieguo
del ragionamento della prima.
Oscar Wilde |
L’ultimo errore di Eco è tentare la cancrizzazione di aforismi,
traducendoli de facto in frasi con lo
stesso significato. Ad esempio:
(E)
Vivere è la cosa più rara del mondo. La maggior
parte della gente esiste e nulla più (Oscar Wilde).
(F)
Esistere è la cosa più rara del mondo. La
maggior parte della gente vive e nulla più (Umberto Eco).
Qui il busillis è da
cercarsi nel significato di esistere dato in (E), che corrisponde esattamente a
quello di vivere in (F)! Il significato di vivere in (E) può o non può
corrispondere a quello di esistere in (F) (sebbene il parallelo di
esistere/vivere ci suggerisca che possa): nel secondo caso ci troveremmo a
parlare di due frasi diverse, ma non per questo contradditorie, intendendo “più
rara del mondo” come una semplice espressione colorita; nel primo caso,
l’aforisma si dimostrerebbe non cancrizzabile (e non per questo più vero, se
non da un punto di vista squisitamente formale).
Insomma, il
procedimento di Eco, ereditato da Pitigrilli, non sembra dirci nulla sulla
verità, assoluta, parziale o formale di un aforisma o di una massima. Gli unici casi in cui la sua applicazione
sortisca un qualche effetto sono quando ci troviamo di fronte a semplici opinioni "mascherate" da aforisma
(G) Piuttosto
perdonare un brutto piede che delle brutte calze! (Karl Kraus) [l’aforisma
riguarda una verità più ampia, per motivi più o meno condivisibili, ma che si
può comunque far rientrate nell’opinione, nella doxa].
(H) Piuttosto
perdonare delle brutte calze che un brutto piede! (Umberto Eco).
e quando ci
troviamo di fronte a bon mots, a
frasi divertenti e vuote - ciò che era il suo programma fin dall’inizio,
vivaddio, ma che è un ben magro gioco di prestigio:
(I) La
Bellezza rivela tutto perché non esprime niente (Oscar Wilde).
(J) La
Bellezza non rivela niente perché esprime tutto (Umberto Eco).
Ho parlato
molto quando sarebbe bastato dire pochissimo. Eco cancrizza gli aforismi come se
fosse un procedimento per dimostrare la parzialità o la fallacia del
loro contenuto. Ma cancrizzare significa invertire, cioè dire il
contrario. Ad esempio:
(K) La
moderazione è una cosa fatale. Nulla ha più successo dell’eccesso (Oscar
Wilde).
(L) L’eccesso
è una cosa fatale. Nulla ha più successo della moderazione (Umberto Eco).
Che il fatto
di poter formulare il contrario di una proposizione sia la prova che la
proposizione è ingannevole è una strana idea, a meno che entrambe siano
vere contemporaneamente e allo stesso livello. Ma
in questo caso, e nella maggior parte degli altri casi (gli aforismi qui
riguardano verità generali e sono esclusi, come si diceva, opinioni e bon mots) una delle due frasi è sempre vera
e l’altra sempre falsa. Non è neppure importante capire quale per confutare le
conclusioni di Eco. Dire che
(M) Mio nonno
è morto perché era vecchio.
(N) Mio
nonno era vecchio perché è morto.
non dimostra
la parzialità del principio di causalità.
(Eco conosceva tutte le mie obiezioni, che sono sciocchezze. Conclude il discorso
dicendo che Wilde non poteva credere alla maggior parte dei suoi aforismi, ma
che li aveva prodotti solo perché erano piacevoli a qualche livello; allo
stesso modo, io concludo dicendo che Eco non poteva credere alla maggior parte
di questo intervento, ma che rimane un intervento piacevole.)
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