Federica Foradini, o della pittura

Oggi inauguriamo una nuova rubrica di Psicologia e Scrittura. Il format è semplice: intervisteremo psicologi o aspiranti tali che, oltre alla carriera nel mondo della psi, portano avanti anche un'attività artistica. Lo scopo è di indagare cosa sia l'arte, se è possibile definirla, e cosa la psicologia possa offrire al mondo dell'arte (e viceversa); ma da un punto di vista pratico, senza passare per le teorizzazione storiche del nostro mestiere, a partire dai saggi di Freud e dai lavori di Kris, di Lipps e di Gombrich, e soffermandosi poi sempre sulla sublimazione come meccanismo di difesa d'eccellenza dell'artista. 
La nostra ospite per questo primo incontro sarà la Dott.ssa Federica Foradini, una giovane psicologa che, come pittrice, si sta facendo velocemente notare nel panorama artistico contemporaneo. Un successo più che meritato (se non credete controllate pure coi vostri occhi: questa è la sua pagina Facebook, e questa la sua pagina PitturiAmo). Per mettersi in contatto con l'artista potete scrivere lì o anche qui sotto, come commento all'articolo.

[Tutte le immagini di seguito riprodotte sono di esclusiva proprietà di Federica Foradini, che gentilmente ha concesso al blog di utilizzarle. Non sono in alcun modo riproducibili, salvo previa autorizzazione dell'artista.]


Titolo: DANZA 
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Per iniziare parlaci di tua madre. Volevo dire... del tuo lavoro come artista.
La mia arte, quella che credo possa essere definita la mia arte, è essenzialmente un gioco di colori e forme elementari messe su tela [come potete osservare nella riproduzione qui sopra]. Sì, credo che questa sia una buona definizione, tra le tante possibili... Di recente, poi, ho iniziato a inserire immagini figurative nelle mie composizioni; questo perché credo possa aumentare la loro capacità espressiva.
Per il resto ammetto di essere un po' pigra: in realtà lascio il grosso del lavoro agli occhi del pubblico... Come se gli stessi sottoponendo un test proiettivo! Ecco, possiamo chiamarla arte proiettiva. Anzi, ti dirò che mi piace vedere come le persone interpretano il mio lavoro. Spesso ciò che vedono è lontano anni luce da quello che io cerco di trasmettere. Ma credo sia una conquista, più che un limite: a ogni spettatore il suo quadro...

I tuoi studi di psicologia hanno avuto qualche influenza sulla tua teoria estetica?
Indirettamente. Di sicuro i miei studi mi hanno spinta a svolgere un certo tipo di lavoro su me stessa, e la mia arte dev'esserne stata influenzata. Possiamo azzardare, e dire che il mio percorso come psicologa mi ha fatto maturare sia come persona che come artista... Devo dire che mi ha anche fatto balzare all'occhio quanto il mio stile di disegno presenti dei tratti un po' ossessivi. Di questo magari parliamo tra qualche anno: evidentemente ho ancora molto su cui lavorare!

Come hai iniziato a dipingere? E quando è diventato più di un semplice hobby?
Ho iniziato a dipingere a sette anni. Non ricordo l'occasione, ma ricordo che invece di fare i normale disegni di tutti i bambini io disegnavo e coloravo dei quadratini. Crescendo ho iniziato a sperimentare nuove tecniche, riducendo la grandezza dei quadratini, aumentando le dimensioni dei quadri e usando sempre nuovi materiali. A dire il vero, mai avrei pensato di poterli mostrare a qualcuno! Lo dico meglio: non avrei mai pensato potessero interessare a qualcuno. Poi il primo anno di università ho infilato per caso un disegno in un quaderno di appunti. Mentre lo sfogliavo in aula, un mio collega, che era appoggiato allo schienale della sedia dietro di me, mi ha chiesto di fermarmi e di tornare indietro: aveva visto il disegno e ne era rimasto incantato. All'inizio non voleva credere fossi stata io a realizzarlo, poi però si è offerto di aiutarmi a farmi conoscere, a partecipare a dei concorsi d'arte. Tuttora mi assiste nella parte burocratica del mio lavoro, dato che in questo sono un po' una frana. Possiamo dire sia il mio manager, oltre che un mio buon amico.
Mi considero fortunata perché il mio lavoro ha ricevuto dei riconoscimenti fin dal primo concorso: una botta di autostima che mi ha spinto a continuare a impegnarmi su questa strada. Non so cosa sarebbe successo se mi avessero rifiutato; forse avrei pensato che sì, non avevo tutto questo gran talento, grazie comunque per avermelo fatto credere. Non voglio mentire: le delusioni e le porte in faccia sono e sono state molte; ma altrettante, se non di più, sono state le soddisfazioni. E io continuo ad andare avanti, imperterrita.

Dicci due parole sulla tua ultima mostra.
Titolo: CASTEL SANT'ANGELO
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L'ultima mostra a cui ho partecipato (e a cui sto tuttora partecipando: non è ancora finita!) è ospitata nei locali del Centro Diagnostico Italiano di Milano. Espongo, insieme ad altri artisti, per quelli dell'associazione Mostrami. L'iniziativa, che ha come titolo Recondite Armonie, ha per tema la bellezza. Io partecipo con un progetto su Roma, che per me rappresenta il concetto stesso di bellezza [potete vedere uno dei lavori in esposizione riprodotto nella foto qui a fianco]. Io sono innamoratissima della città di Roma, e proprio nel periodo dell'uscita della call mi trovavo lì per una vacanza. È la prima volta, tra l'altro, che sperimento l'ibridazione fotografia/disegno per i miei quadri, ma sono soddisfatta del risultato che ho ottenuto.
Se vi ho incuriositi, be'... venitemi a trovare! La mostra è aperta fino al 31 marzo.

Parlando del prossimo futuro, mi è stata offerta l'opportunità di realizzare una mia mostra personale, ma è il progetto è ancora in divenire e non vi anticipo altro.

C'è qualcosa che vorresti dire ai giovani psicologi che ci seguono? E ai giovani artisti?
Ai giovani artisti vorrei dire che non devono nascondersi. Fare arte significa raccontare se stessi, la propria vita e le fasi attraverso cui ognuno di noi passa. Io penso che la vera arte sia quella che ti mette a nudo davanti al mondo intero, senza paura, senza maschere, senza remore. È un lavoro su se stessi e sulla propria capacità di esprimersi: a volte è faticoso, perché finisce per metterti in contatto con parti di te che forse preferiresti non conoscere... Ma se manca questo lavoro manca anche l'essenza dell'opera artistica. Se dovessi parlare di me stessa, direi che la pittura mi ha aiutata (e mi aiuta) ad avere un quadro generale della mia vita offrendomi uno spazio neutrale dal quale osservarla, e uno sfogo per affrontare quello che provo, per non lasciarmi sopraffare. Come artisti credo sia importante sapere che ciò che per noi può essere brutto può anzi essere molto bello per gli spettatori, per il proverbiale Altro.
Infine vorrei aggiungere che, per andare avanti in un mondo che di delusioni e porte in facce ne tira parecchie, è fondamentale - almeno lo è per me - avere qualcuno che creda in te, indipendentemente da tutto, e ti aiuti a mantenere una visione ottimista anche quando le cose si fanno difficili. Trovate quel qualcuno, meglio quei qualcuno, e teneteveli bene stretti!

Ai giovani psicologi ripeterei, se possibile, quanto ho già detto qui sopra. Per svolgere il nostro mestiere bisogna sottoporsi a un lavoro di miglioramento e di gestione delle proprie emozioni, per aiutare gli altri e non farsi sopraffare dalle situazioni che via via si presenteranno. A parte questo, quando avrò capito come si può svolgere questo lavoro al meglio (probabilmente tra un milione di anni) sarò lieta di farvelo sapere. Maa... va bene lo stesso se ho risposto alle domande nell'ordine inverso?

Sarai espulsa dall'Albo, per questo. Nel frattempo ti ringraziamo per aver partecipato alla nostra intervista: sei stata gentilissima!
Figurati. A voi!

Portrait of the artist as a young lady

Federica Foradini ha venticinque anni e vive a Novara. Si è laureata in Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia a Milano. Attualmente ha all'attivo sei mostre, e due in programma per il prossimo futuro.

Se vi è piaciuta l'intervista, allora continuate a tenere d'occhio il blog, perché ne usciranno presto molte altre! Stavolta sulla scrittura di prosa, sulla fotografia, sulla poesia... Sempre sul rapporto tra arte e psicologia, visto attraverso gli occhi di chi questo rapporto lo vive tutti i giorni.

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